Intervista: Eusebio Di Francesco

Intervista: Eusebio Di Francesco

Se ti dico 10>0?
«Ti rispondo che li utilizziamo. Sono utili, alleni in un contesto facilitato ricezione, trasmissione, tempi di gioco, smarcamenti, conclusioni. Dai delle certezze alla squadra, delle soluzioni che possono ritrovare in gara. È chiaro che devono essere molto dinamici e devi sfruttare degli accorgimenti per renderli davvero efficaci. Ad esempio, dopo uno sviluppo prestabilito, inserisco un secondo pallone lanciandolo verso la linea, che deve riconquistarlo e riproporre l’azione. Alla Roma, tuttavia, te l’ho già detto… il tempo a disposizione per l’allenamento non è molto, quindi se guardo le percentuali di questo tipo di intervento, dovremmo essere attorno al 10- 12% del totale.»

Un numero così importante di partite e una settimana sempre corta condizionano sicuramente la performance sul campo…
«Sia a livello fisico sia a livello mentale. Vanno di pari passo, perché anche se sei forte di testa, ma le gambe non girano… L’aspetto positivo è che qui i giocatori sono abituati a questa scansione degli impegni, a Sassuolo lo eravamo meno e abbiamo pagato.»

A livello tattico, il lavoro di catena è fondamentale per il 4-3-3. Spesso, si isola l’esterno basso con interno ed esterno alto che si accentrano (così è venuto il gol in Champions di Kolarov). C’è una codifica precisa?
«Sì, questi tre uomini non devono mai essere sulla stessa linea (figura 5). Formano dei triangoli offensivi, ma non devono mai fare il medesimo movimento. L’occupazione degli spazi fa la differenza a qualsiasi livello. I ragazzi devono essere bravi nelle letture. E poi devono creare linee di passaggio differenti. Anche se sono in diagonale tra loro, non basta. Devono offrire soluzioni diverse: così diventi meno prevedibile. E a volte bastano smarcamenti di pochi metri (figura 6).»

Per quanto concerne la fase di non possesso, palla, uomo o…?
«La palla prima di tutto. Lavoriamo in questa direzione. Poi ci sono alcuni accorgimenti particolari. Ti porto come esempio la “famosa” diagonale negativa: prima di tutto, ci deve essere il tempo per farla, se l’azione è troppo veloce, non c’è il posizionamento del primo difensore… non diventa efficace. Se vi sono le condizioni, uomo in chiusura, uomo al centro a zona e l’ultimo che deve controllare anche l’avversario di zona. Non deve farsi prendere alle spalle perché la palla “morbida” è pericolosa (figura 7).»

Parliamo di match analysis. Come la utilizzate?
«È fondamentale, sia quella tattica sia quella fisica. Per quanto riguarda gli avversari, solitamente mando due osservatori a vederli, Giancarlo Marini e Daniele Pierini. Mi interessano anche le sensazioni date dall’ambiente, come reagiscono alcuni giocatori. Tra l’altro, è conveniente monitorare i calciatori e le loro prestazioni, un giorno potrebbero essere tuoi uomini o nuovi acquisti. Poi c’è quella a video, che cura Simone Beccaccioli in collaborazione con il mio vice Francesco Tomei. Flussi di gioco, palle inattive, situazioni critiche: cerchiamo di esaminare tutto. Detto ciò, in tre momenti di solito la proponiamo alla squadra. Talvolta, con alcuni giocatori mostriamo dei particolari utili per il loro miglioramento. Vedere è importante, ma mai quanto fare. Ecco perché poi è determinante riportare tutto sul campo.»

Chiudiamo con un consiglio per chi lavora coi giovani.
«Che bisogna fare il massimo per migliorarli individualmente. Qualsiasi siano le loro capacità. E con attenzione e lavoro ci riesci. Per qualcuno può essere passare da 3 palleggi a 10 o da 3 passaggi giusti a partita a 7 e poi 10. Per altri l’asticella è più alta. Bisogna anche guardare al risultato in certe categorie, ci vuole competizione, voglia di primeggiare… sempre attraverso un’idea di gioco.»

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