Vincenzo Italiano: idee e stile del tecnico dello Spezia, neopromossa in serie A

Vincenzo Italiano: idee e stile del tecnico dello Spezia, neopromossa in serie A

L’impresa della scorsa stagione, il calcio che vuole sviluppare, l’importanza dei giocatori, l’immancabile passione che deve portare con sè un allenatore: tutto questo è Vincenzo Italiano, ex playmaker e ora tecnico di una neopromossa che l’anno scorso ha stupito tutti.
Luca Bignami lo ha intervistato per noi: ecco un estratto dell’ampio servizio che potete trovare sul numero di novembre 2020.

«Sono cresciuto calcisticamente nel mio paesino in Sicilia. Fino al passaggio al Trapani il miglior maestro è stato la strada. Non facevo neanche il play, ero uno di quegli esterni tutto dribbling. Poi sono andato con 3-4 amici al Trapani, mi hanno messo in mezzo al campo ed è iniziata la mia storia calcistica. Devo molto a Prandelli a Verona, mi aveva preso Rino Foschi. Il mister a 20 anni mi diede fiducia e… le chiavi della squadra»

Adattamento è la parola d’ordine per un allenatore

«Il termine adattabilità è fondamentale per un tecnico. Ogni anno hai gruppi diversi: a Trapani avevamo una tipologia di giocatori molto forti nella riconquista “alta”; l’anno scorso sono partito con la medesima idea, ma abbiamo invertito subito la rotta perché eravamo più bravi a palleggiare nella metà campo avversaria e ad arrivare alla conclusione con trame più elaborate. Adesso, invece, dobbiamo adattarci a una realtà diversa, in cui bisogna saper fare anche compattezza e difesa. Inoltre, ho tanti giocatori nuovi, da “scoprire” e inserire nell’ossatura della squadra. Se pensiamo alla gara invece vuol dire saper variare a partita in corso, se vai in difficoltà e devi chiuderti per portare a casa il risultato anche negli ultimi minuti. Che, con tanti uomini nuovi in rosa, devi portarli subito dalla tua parte concedendo magari “qualcosina” ai “retaggi” che hanno, ma nello stesso tempo far passare il calcio che desideri. Insomma, ci vuole sensibilità.»

La personalità è determinante

«Certo, i ragazzi si accorgono del carisma, della passione, dell’entusiasmo, ti dico di più, dell’amore che un allenatore ha per il suo mestiere. Insomma, vedono quello che hai dentro e comprendono se cerchi di fare tutto per renderli migliori. I trascorsi in Serie A all’inizio aiutano, però non bastano. Devi essere schietto e onesto. E devi aggiornarti: il calcio evolve ogni minuto.»

Sistemi e i protagonisti del gioco

«Che il sistema più che altro ci serve per riconoscerci quando la palla è agli avversari. In fase di possesso i terzini salgono, gli esterni vengono “dentro”, le mezzali diventano punte, l’area devi riempirla con tanti uomini. È tutto in movimento. Ecco perché credo che avere dei concetti chiave sia essenziale: la mobilità è uno di quelli in cui credo molto, da questa parte tutto. Poi, per capire quali usare bisogna studiare le caratteristiche dei calciatori, sono loro i protagonisti del gioco.»

Durante la settimana

«Con parità alla domenica, martedì si riparte in particolar modo con chi non ha giocato, utilizzando anche interventi a secco. Non sono un assolutista del lavoro sempre con palla, quello senza è utile anche a livello mentale. Il mercoledì la seduta è un po’ più lunga del solito perché evito così il doppio. Credo che sia una formula più efficace. I ragazzi, tra l’altro, l’apprezzano. Giovedì niente amichevole, ma esercitazioni in spazi di gara. Lo stesso vale per il venerdì. Sabato rifinitura e palle inattive. Utilizzo spesso gli spazi reali di gioco in settimana, perchè sono quelli che ricreano meglio la partita. Il nostro obiettivo è quello, è dare il maggior numero di informazioni su ciò che potrebbe accadere la domenica ai calciatori. E così facendo, si stimolano transizioni, ripartenze, gioco diretto… basta inserire i giusti vincoli. Certo, la gara di campionato presenta intensità e condizioni differenti, ma è necessario andare in questa direzione. E ricorda: ciò che non si allena si dimentica. Tutto va ripetuto con costanza.»

Un consiglio ai nostri allenatori

«Che le categorie per l’allenatore non devono contare. Per me è così. Tra una Serie D e una seconda categoria i concetti tattici e l’abilità dei calciatori sono differenti, ma la passione che devi portare in campo deve essere identica. Perché, a qualsiasi livello, l’allenatore deve pensare che i suoi uomini siano i più forti di tutti.»

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