GIOCHIAMO CON LA TECNICA

GIOCHIAMO CON LA TECNICA

Quanto è utile utilizzare il “gioco” per insegnare ai giovani calciatori gli aspetti tecnici. Proposte pratiche per correggere quattro errori frequenti nell’attività di base.

In diversi articoli, anche su questa rivista, è stato ribadito che il gioco rappresenta lo strumento, e il giocare la modalità, attraverso il quale il bambino apprende. Questa nozione è stata supportata anche dalla letteratura internazionale relativa, ad esempio, allo sviluppo del talento nello sport: tra i più attuali, il modello DMSP (Developmental Model of Sport Partecipation di Jean Cotè) e il modello LTDM (Long Term Developmental Model di Baly).

Oltre che dal punto di vista strettamente motorio, il gioco nel bambino possiede anche una forte valenza pedagogica tanto da acquisire lo status “…di esercizio di abilità e competenze necessarie all’incontro con la realtà” e “…diventa piuttosto lo specchio della società in cui nasce, un processo di produzione e riproduzione culturale” (Casolo, 2014).
Prendendo sempre spunto dai lavori di Francesco Casolo, docente presso l’Università di Milano, possiamo definire le funzioni che il gioco riveste in età evolutiva, andando ad agire nelle cosiddette aree della persona (area cognitiva, sociale, morale, emotiva-affettiva, motoria).

CALCISTICAMENTE PARLANDO
Dal punto di vista dell’allenatore, tuttavia, è evidente come l’inte- resse maggiore (ma guai se fosse esclusivo!) sia orientato alla relazione tra il gioco e il miglio- ramento dell’area motoria. In questa ottica, appare altrettanto evidente come il gioco, se ben utilizzato, possa contribuire a promuovere la ricerca di soluzioni pertinenti da parte del giovane, andando a stimolare abilità motorie adattabili (le cosiddette open skills, che sono le abilità tipiche del calcio) e percettivo- cognitive, come l’anticipazione e la capacità di prendere decisioni (anticipation e decision making, nella letteratura anglosassone), “qualità” che spesso definiscono quella che viene chiamata intelligenza di gioco (game intelligence).

IL GIOCO COME MAESTRO
Partendo da questi presupposti, capiamo come il concetto di “gioco come maestro”, espresso, tra gli altri, da Horst Wein (1992) e riportato anche dalla Guida Tecnica per le Scuole di Calcio (a cura del Settore Giovanile e Scolastico della FIGC), assuma un valore fondamentale nella metodologia dell’allenamento giovanile. Modificando le regole, adattando le variabili e individuando una corretta complessità (adatta all’età/livello dei bambini), sarà possibile trasmettere le competenze necessarie per essere il più possibile elementi autonomi ed efficaci. Un’esperienza diretta, frutto anche di uno stile d’insegnamento non direttivo, “…permette un coinvolgimento cognitivo ed emotivo più elevato” (Bortoli, 2004). Vivere in prima persona le esperienze e individuare autonomamente le soluzioni ai problemi posti attraverso il gioco favoriscono un apprendimento più stabile e duraturo nel tempo. In questo tipo di approccio didattico, l’allenatore/formatore ha un ruolo fondamentale: sarà sua competenza riuscire a individuare la proposta più corretta e le varianti adatte a migliorare i comportamenti dei propri giocatori in funzione delle necessità individuate nell’osservazione delle varie situazioni.

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