Il Fil Rouge Swiss

Il Fil Rouge Swiss

Fil Rouge Swiss (FRS) è metodo ideato in Svizzera si incentra su 4 proposte base e su relative varianti. Tutti i princìpi e la filosofia operativa spiegata da chi lo ha ideato.

La prima fase di sperimentazione della metodologia Fil Rouge 1.0 incominciò nel 2012 all’Academy Team Ticino, nella quale ricoprivo il ruolo di allenatore e responsabile tecnico, cosa che avviene anche oggi. Dopo anni di lavoro sui concetti principali della metodologia della federazione svizzera, della quale siamo stati “tester”, è nata l’idea di elaborare un metodo che avesse come caratteristica l’utilizzo di pochi esercizi di riferimento che potessero essere in relazione tra di loro. Per questo abbiamo incentrato l’attenzione su come combinare i vari aspetti (tecnici, tattici, cognitivi e psicologici), sia nelle singole sedute, sia nei microcicli e nei mesocicli, creando delle progressioni valide per le diverse categorie.

Nel 2016 nasce invece Fil Rouge 2.0, una versione che mantiene inalterati i princìpi fondamentali del metodo, ma si amplia e completa con novità importanti come gli “specifici”, i “situazionali” e nuovi “derivati” degli esercizi base. La versione 2.0 è adatta a tutte le categorie e modellabile secondo le esigenze e le modalità operative di qualsiasi club. Inoltre, riconduce le proposte pratiche a semplici mezzi allenanti, si incentra essenzialmente sulle forme giocate e indica delle varianti a queste secondo un filo logico. Fil Rouge è un metodo, una linea comune di lavoro, un contenitore di concetti, un modo preciso di essere formatore e di fare coaching. Ha pochissime proposte pratiche e tantissime relazioni cognitive, tecniche e tattiche, fra esercizi, cicli, progressioni e varianti.

L’obiettivo principe

La formazione del singolo giocatore è la priorità assoluta, quindi il metodo è, in ogni suo aspetto, finalizzato alla crescita del singolo elemento. Per essere coerenti, Fil Rouge Swiss è sviluppato e strutturato sulla base di concetti calcistici (princìpi), ma non applica o propone schemi e minimizza l’importanza dei sistemi di gioco. Gli esercizi di riferimento sono quasi esclusivamente delle forme giocate. Quelle analitiche, invece, sono integrate e/o relazionate a quest’ultime, le progressioni o le regressioni sono usate tramite le varianti tattiche e strutturali o richiedendo una variabilità delle richieste tecniche e cognitive.

Perché un numero ridotto di esercitazioni? Perché così si può lavorare in ogni seduta su forme conosciute e di conseguenza in zona di comfort per i giocatori. L’idea è, quindi, quella di allenare dal conosciuto al nuovo per consolidare quanto appreso. L’inserimento di alcune modifiche viene fatto in modo che l’obiettivo della proposta rimanga inalterato, ma allo stesso tempo si evita la monotonia e la ripetitività. Senza contare le progressioni che si vanno a generare.

I contenitori della metodologia

La metodologia Fil Rouge Swiss è basata su sei aree di lavoro ben precise, definite contenitori metodologici.

1. Il metodo

È legato a filosofia, obiettivi e pianificazione. Abbiamo:

  • la formazione del singolo è prioritaria su tutto;
  • si lavora tramite “concetti” e non con schemi o moduli;
  • le forme giocate sono prioritarie;
  • quelle analitiche sono integrate nei giochi;
  • l’aspetto condizionale viene sviluppato tramite le esercitazioni;
  • le progressioni e le “regressioni” sono ricercate tramite le varianti e la variabilità;
  • vi sono relazioni continue fra concetti ed esercizi;
  • si allena dal conosciuto al nuovo, consolidando quanto fatto.
2. La linea comune

È determinante che vi sia tra formatori, categorie e squadre. Infatti:

  • si deve agire sui medesimi concetti in tutte le categorie;
  • gli esercizi definiti “base” sono comuni a tutte le squadre;
  • vi è una progressione nei princìpi, negli obiettivi e negli esercizi fra le categorie;
  • i formatori conoscono il lavoro dei colleghi.
3. I concetti di gioco

Sono definiti e non variabili, sono la base della formazione e del gioco. Sono 4 quelli “fondamentali”:

  • recupero palla immediato (difendere in avanti);
  • transizioni offensive/difensive e difensive/offensive (ragionate e/o rapide);
  • possesso palla orizzontale/verticale (gioco a terra);
  • creo/occupo spazio (con e senza palla).
4. Le relazioni

Possono essere fra esercizi, “specifici”, microcicli, mesocicli e categorie:

  • relazioni fra i 4 concetti fondamentali;
  • il lavoro fra ogni categoria è collegato con quello delle altre;
  • ogni esercizio è relazionabile agli altri;
  • ogni microciclo è in relazione con gli altri;
  • ogni formatore lavora in relazione con gli altri.
5. Gli esercizi

Sono essenzialmente quattro, più i “derivati” e gli “specifici”.
Le proposte pratiche non sono la priorità, ma solo un mezzo allenante in cui ogni concetto ha un solo esercizio di riferimento ben definito, cioè:

  • base;
  • mini, atto allo sviluppo della tattica del concetto;
  • micro, utile per il miglioramento della tecnica del concetto;
  • maxi, per il “trasporto” del principio in partita.
6. Il coach e il coaching

Preferiamo chiamare gli allenatori formatori e questi:

  • non impongono il proprio calcio;
  • il coaching è interattivo e il coach dialoga con i giocatori;
  • considerano l’allenamento prioritario alla partita;
  • accettano l’errore come mezzo per migliorare;
  • valutano il risultato solo come una delle diverse componenti della formazione;
  • lavorano in team e hanno ben presente che i giocatori sono i veri protagonisti e ne sono al loro “servizio”;
  • non insegnano calcio, ma aiutano a sviluppare il calcio di ogni giocatore;
  • riconoscono il diverso grado di apprendimento e formano gruppi di capacità.

Concetto e sviluppo metodologico

Abbiamo sempre ritenuto che, in generale, si dia troppa importanza agli esercizi e meno a cosa veramente servano o a cosa si vuole trasmettere. Spesso abbiamo visto mister che spiegano quanto è bella una proposta; oppure li sentiamo dire “Sì, ma questo lo facevo anch’io, solo diversamente perché così…”, soprattutto tecnici che si disperano perché un esercizio visto su internet non funziona. Quindi ne interrompono continuamente l’esecuzione e spiegano, spiegano, spiegano… come dovrebbe funzionare. Infine, quando dopo l’ennesima prova non funziona, lo cambiano.

In tale maniera riteniamo che non si trasmetta nulla al giocatore, che si vadano a creare troppi “tempi morti”. Inoltre, colui che viene gratificato è solo il formatore. Partendo dunque da questa consapevolezza, abbiamo deciso di declassare gli esercizi e renderli meno importanti a livello “estetico”, ma di valorizzarne il contenuto. La prima cosa che abbiamo fatto in questa direzione è stata individuare una proposta di riferimento, definita base, per ogni principio e dargli un nome identificativo e riconoscibile immediatamente dai ragazzi. Così facendo sono nate le seguenti quattro esercitazioni:

  • Roma base;
  • Barcellona base;
  • Dama base;
  • Milan base.

Roma base

Il concetto portante è quello del recupero palla immediato.

Sequenze e priorità del concetto nell’esercizio di riferimento

Le squadre in possesso nei settori esterni cercano di trasmettersi la sfera, mentre quella nello spazio centrale (verde) cerca il recupero, andando in pressione frontale al giocatore con palla. I compagni rimasti nella propria zona assicurano la copertura, chiudendo la linea di passaggio e creando i triangoli difensivi (figura 1). L’elemento che si è mosso in pressione, se non recupera il pallone, rientra nella linea favorendo l’uscita di un altro compagno meglio posizionato. Con la proposta Roma base andremo a esasperare:

  • la continua pressione sul corpo dell’avversario, dichiarando palla recuperata anche solo se viene toccato il giocatore mentre è ancora con la palla nei piedi. Questo per abituare al duello corpo a corpo e per sviluppare il principio per cui la riconquista avviene anche solo impedendo il passaggio verticale o il tempo di ragionamento all’avversario;
  • la compattezza e la copertura a triangolo della linea al momento dell’uscita e del rientro di un compagno, per chiudere le linee di passaggio.

Queste sono le priorità del concetto nell’1>1 frontale, mentre nella fase successiva si può agire sulle priorità del 2>1, ossia ciò che abbiamo definito “sandwich”. Il possesso, in tal caso, è svolto dalla squadra che è nel settore centrale (verde), mentre i giocatori nei settori esterni (rossi e blu) portano, contemporaneamente, una pressione frontale e da dietro al possessore nello spazio centrale (figura 2). In sostanza, sugli esterni si ripete il dettaglio dell’1>1 precedente, consolidandolo e rafforzandolo e, al contempo, ottenendo una progressione cognitiva. In questa proposta si lavora sul concetto di collaborazione e sincronismo con il compagno opposto. Il coaching deve essere incentrato sul raggiungimento della pressione contemporanea, del contatto al corpo, della collaborazione e comunicazione.

L’obiettivo finale è unire le due situazioni di recupero palla dall’1>1 al 2>1. Per ottenere questa propedeutica basta integrare le due esercitazioni senza cambiare nulla della proposta base. È necessario, infatti, partire con un possesso nella zona centrale e un recupero palla a “sandwich”. Il giocatore che ottiene la sfera la gioca poi nel settore esterno dove sono posizionati i propri compagni, i quali iniziano un possesso. La squadra centrale che ha perso il pallone, inizia un recupero esterno e frontale con gli 1>1 e la copertura della linea. Questo metodo di unione delle diverse situazioni contenute nel singolo esercizio si chiama matrioska.

Barcellona base

Il principio fondamentale è il possesso palla orizzontale e verticale.

Sequenze e priorità nell’esercizio di riferimento

Il concetto viene sviluppato partendo dall’esercitazione di riferimento, nella quale lo scopo è trasmettere il pallone da A a B attraverso una gestione della palla anche da parte dei compagni, svolta in superiorità numerica per la presenza di alcuni jolly.

Cosa si intende per possesso

Normalmente, quando parliamo di possesso, quasi tutti pensano a esercizi svolti con molteplici passaggi e regole, quali l’obbligo dei 2 tocchi o della sequenza corto-lungo. Invece, nella nostra metodologia il possesso non ha come priorità il passaggio, ma il mantenimento del pallone. Quindi, tutto ciò deve essere svolto per massimizzare la riuscita di questa finalità primaria. Ne consegue che prima di qualsiasi gesto tecnico il giocatore deve sapere leggere la situazione intorno a lui (posizionamento di compagni e avversari, gli spazi presenti…) e decidere il tipo di giocata da fare in funzione delle informazioni precedentemente prese (figura 3).

Inoltre, deve sapere se gestire in prima persona la palla o effettuare una trasmissione; o, ancora, se conviene dribblare un avversario. Solo dopo questa prima fase subentra la componente tecnica, la quale sarà inevitabilmente determinante. Il calciatore deve quindi capire quale gesto tecnico sia più efficace in funzione della riuscita del mantenimento del pallone. Tutto questo in un contesto che è costantemente variabile e che di conseguenza gli impone di rifare il processo elencato, più volte in pochissimo tempo e con un’alta velocità di adattamento.

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