Mister, non tralasciate nulla

Mister, non tralasciate nulla

La capacità del tecnico di guidare i calciatori nella loro crescita, fornendo loro tutte le competenze di cui hanno bisogno, passo dopo passo. La passione e la sensibilità che deve avere, oltre a un metodo in cui crede. Le domande che deve porsi.

Come formare un giocatore che sappia gestire al meglio il pallone, essere creativo, che sia in grado di leggere le varie situazioni che la partita propone, capace di decidere velocemente e nel modo migliore? Il tutto in funzione di compagni e avversari… e per vincere una gara? Crediamo che questa sia la domanda che ogni allenatore di settore giovanile, dai Piccoli Amici ai giocatori dell’ultimo anno di Allievi, debba porsi ogni volta che scende in campo per una seduta. Racchiude ogni cosa e pone diversi interrogativi, cui gli esperti di didattica, chi si occupa di “scienza applicata allo sport” e ogni tecnico provano a rispondere. Dalle varie considerazioni che vengono alla luce, nascono vari “partiti”, diverse correnti di pensiero che si contrappongono e non trovano quasi mai un punto di contatto. C’è chi vuole puntare principalmente sulla tecnica, sulla gestione sopraffina del pallone; chi predilige l’apprendimento situazionale, incentrando
l’attenzione sul “gioco”; chi crede negli “schemi”, chi nei princìpi. Chi nella ripetizione del gesto, che per altri – se non ha uno scopo – diventa poco efficace. Insomma, i discorsi sono molti e la confusione che può esserci nella testa di un istruttore di giovani calciatori può essere altrettanta. In che modo comportarsi allora? Una risposta univoca, valida per tutti e tutto, probabilmente non esiste. Ciò che invece esiste è il mestiere di allenatore, la propria preparazione, le proprie competenze e l’abilità di andare verso il nuovo senza dimenticare il “vecchio”. L’abilità di essere un mister che entusiasma i propri giocatori anche se decide di proporre mezz’ora di palleggi. La capacità di miscelare in una seduta, organizzata e pianificata a priori, tutto il suo sapere e tutte le “strade” che abbiamo indicato. In pratica, di non dimenticare niente!

Cosa conta

Coordinazione, tecnica, situazioni (intese come applicazione della tecnica in base alla propria capacità di scelta), gioco collettivo: riassumendo e semplificando un po’ le varie questioni, i vari step per la formazione di un calciatore sono questi. L’efficacia di un tecnico è nel miscelarli, conoscendoli tutti, all’interno di un percorso. Percorso che dipende dai giocatori che si seguono, i veri protagonisti del gioco. Soprattutto coi giovani non scende mai in campo l’allenatore, può essere un aiuto e un supporto positivo, ma le scelte in gara sono dei ragazzi. E per far scegliere loro è indispensabile educarli a questo, a prendere iniziative, anche a sbagliare (senza paura di farlo).

Tutto ciò può avvenire in contesti più o meno semplificati, dalle partite con numero ridotto di giocatori ai “possessi” più complicati. Pertanto, una delle parole chiavi è “decidere”. Per agire al meglio però è necessaria una padronanza tecnica, la più fluida possibile. Pensate solo ai “giochini” con cui si divertono i grandi campioni magari in un riscaldamento pre-partita o pre-allenamento. Riescono a far fare al pallone evoluzioni incredibili, da giocolieri. Certo, un giocoliere non è un giocatore di calcio, ci vuole tanto altro, però… dare del tu al pallone aiuta sicuramente a essere più sereni nella gestione della sfera e a indirizzare l’attenzione verso altro. Per raggiungere questa “fluidità” che abbiamo accennato sono necessarie capacità coordinative di prim’ordine: alcuni grandissimi campioni, anche di altre discipline, pensiamo ad esempio a LeBron James, erano dei fenomeni in sport differenti dal proprio.

Questo per capacità/abilità fisiche impressionanti, affinate tempo fa dalla strada, dal parchetto, dal play-ground, che garantivano ore e ore di gioco libero (utile anche per imparare a decidere rapidamente), condizioni adesso più difficili da riproporre. Infine c’è il gioco d’assieme, che è in forma ridotta per i più piccoli (5>5, 7>7, 9>9), simile agli adulti (11>11) dai Giovanissimi in su. E in questo gioco deve entrare un calciatore formato nel modo giusto prima, nell’attività di base, un calciatore capace di dominare il pallone, di capire cosa succede intorno a lui (percepire), decidere e applicare. Questo sarebbe il massimo, l’apice della piramide cui bisogna tendere in un percorso di attività di base.

Ma…

Sono convenienti altre due riflessioni a tal proposito: la prima è legata al fatto che, se a un percorso costruito nel modo opportuno, aggiungiamo una predisposizione genetica, un talento dato da madre natura, avremmo davvero la “fortuna” di formare un giocatore di altissimo livello. La seconda è che la possibilità di seguire tale metodologia, per motivi legati al contesto (società, strutture, numero di allenamenti…) e alle qualità differenti di ogni calciatore, non sempre c’è.

Ecco perché una delle qualità dell’allenatore è l’adattamento, il saper intuire le capacità dei giocatori e trovare le soluzioni ideali per facilitare l’apprendimento. E torna in gioco il mestiere di allenatore, che per ogni calciatore deve costruire la strategia di insegnamento migliore. Mestiere che, lo ribadiamo, è fatto di entusiasmo, passione, empatia, carisma… tutti aspetti da non trascurare in alcun caso. Se non si conquista un bambino/ragazzo, sarà impossibile trasferire le proprio conoscenze e contribuire al suo miglioramento.

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