Il duello Iniesta

Il duello Iniesta

Andrea Biffi

Un articolo da vedere più da che leggere. Si parla di finte, dribbling, duelli… Ma anche esplorazione dell’intorno. Il giovanissimo giocatore, oltre alla padronanza tecnica, deve essere allenato a comprendere spazio e tempo.

Piccolo di statura, con il suo metro e settanta, Andrés Iniesta ha attinto dall’infinito bagaglio del suo genio calcistico: è uno di quei campioni le cui gesta non ci stancheremo mai di raccontare. Controllava il centrocampo con grazia, delicatezza e visione. Il suo istinto di passatore, che gli deriva dalla filosofia pass-and-move del Barca, ha praticamente reinventato il ruolo del centrocampista cui eravamo abituati.

Eppure, qualsiasi chiave di lettura rischierebbe di essere incompleta, limitativa e sottostimante del suo effettivo impatto sul gioco. Analizzarlo unicamente attraverso il filtro del grande passatore/facilitatore della manovra significa non rendere giustizia all’intelligenza adattiva che ha permesso a uno, che visionario lo era già di suo, di intuire in anticipo i cambiamenti tecnici, fisici e filosofici del calcio.

In campo ha messo ordine nel caos e lo ha fatto attraverso una bellezza estrema. Per Andrés trovare l’ordine era anche tenere la palla qualche secondo in più del tempo consentito a un calciatore umano, dribblare un paio di avversari, scovare uno spazio che vedeva soltanto lui in cui finalmente far passare la palla. E consentire lo sviluppo dell’azione così come doveva essere. Don Andrés è senza ombra di dubbio il migliore centrocampista al mondo: sapeva esattamente quando andare avanti e quando tornare indietro, sapeva scegliere il momento giusto per fare tutto. Quando dribblare, quando accelerare e quando rallentare. Se volessimo vezzeggiarlo in qualche modo, lo faremmo con il nickname di esploratore dello spazio e del tempo. Ed è proprio da questa definizione che partiremo.

Esplorare lo spazio

Quando parliamo di duello, siamo abituati a percepire questa situazione solo ed esclusivamente come “il puntare in avanti”; infatti, abituiamo i nostri bambini a percepire e analizzare in queste situazioni solo una minuscola fetta di campo, giusto il necessario che si riesce a intravedere nel campo visivo (figura 1). È indispensabile al contrario che i piccoli calciatori esplorino di fatto più terreno di gioco possibile, non solo ciò che gli si pone davanti, ma che ad esempio scartino improvvisamente di lato o alle loro spalle, guidando, controllando e dominando la palla tra i piedi, tenendola se necessario quell’istante in più (figura 2).

Per avere ancor più chiaro il concetto, vi consiglio di fare un salto nel passato, andando a scovare qualche vecchio filmato su YouTube del capostipite di questo stile, parlo del fuoriclasse dei Balcani Dragan Stojković, che agli inizi degli anni Novanta fu un giocatore che era semplicemente poesia in movimento, un trequarti che danzava con la palla tra i piedi e che quasi in maniera beffarda seminava gli avversari. Dragan era antimoderno perché non gliene “fregava” niente di perdere i tempi di gioco: perché il tempo di gioco nasceva, viveva e cresceva nei suoi piedi. I ghirigori di Stojković assumevano spesso la forma di un’arzigogolata corsa verso la propria porta e si trasformavano poi, improvvisamente, in uno scarto nella direzione opposta.

Come Iniesta (sebbene molto diversi), entrambi sono la dimostrazione di chi nelle proprie abilità ripone completa sicurezza, coraggio, intuizione e feeling con il pallone. Iniesta e Stojković sono il miscuglio perfetto per il calcio di base, per coltivare l’animo esplorativo dei nostri bambini, che devono diventare dei veri e propri “viandanti” con la palla tra i piedi.

L’obiettivo? Percepire più campo possibile ed esplorarlo.

  • Cosa intendiamo per percezione? L’atto di prendere coscienza di una realtà che si considera esterna; in sostanza: conoscere, avvistare, analizzare ciò che in quel momento accade intorno a noi.
  • Cosa intendiamo per esplorare? Perlustrare con grande attenzione a scopo di indagine o di ricerca; all’atto pratico guidare il pallone in diverse zone del campo, difendendolo dall’attacco degli avversari.

Una delle caratteristiche di Iniesta che gli viene più riconosciuta, è la capacità di analizzare la situazione, girando di fatto la testa per esaminare quante più informazioni possibili gli stanno passando attorno. Se analizzassimo un ritaglio di gara, ci accorgeremmo che anche un bambino si trova diversi elementi da valutare per prendere una decisione (la palla, gli avversari, i compagni e la zona di campo dove si trova…). Allenare i nostri allievi al solo duello frontale, abituandoli ad avere un esclusivo obiettivo da raggiungere e un unico problema da risolvere, limiterebbe il loro ventaglio percettivo e di conseguenza decisionale. Con le dovute progressioni, il compito dell’allenatore è quello di trovare per i propri bambini quegli escamotage che li inducano a esplorare più strade possibili all’interno di una situazione (attraverso il fare naturalmente) e che queste esplorazioni portino a nuove conoscenze (figura 3).

La parola d’ordine è: alternare. Ai duelli frontali classici, dobbiamo appunto alternare i duelli Iniesta, quindi offrire la possibilità di ingannare per conoscere un altro spazio, attaccando più obiettivi.

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