Antonio Conte, Arrigo Sacchi e Sven-Göran Eriksson. Tre nomi che hanno scritto pagine indelebili nella storia del calcio e condividono un dettaglio curioso che li unisce, al di là della panchina: tutti, in momenti diversi delle loro carriere, hanno utilizzato il Subbuteo per studiare e spiegare il gioco che amiamo. Per loro, quel rettangolo verde popolato da giocatori in miniatura, non era solo un passatempo nostalgico, ma un laboratorio tattico capace di tradurre idee complesse in immagini immediate.
L’esempio dei grandi allenatori
Conte, con la sua ossessione per i dettagli, ha confessato di aver usato il Subbuteo per illustrare movimenti e schemi alla squadra. Si racconta di una riunione tecnica particolarmente accesa in cui, davanti a una lavagna che non sembrava sufficiente a chiarire il concetto, l’allenatore pugliese decise di ricorrere a un vecchio set di Subbuteo dal suo ufficio. “Voglio che vediate il calcio come lo vedo io”, avrebbe detto, piazzando le miniature in campo. Anche Sacchi, noto per il suo “calcio totale”, trovava nel Subbuteo un prezioso alleato nella sua missione di insegnare il pressing e l’armonia collettiva ai giocatori. E Sven-Göran Eriksson, sempre pacato e riflessivo, si affidava a quel campo in scala per analizzare il posizionamento e pianificare strategie contro avversari ostici.
L’origine
Ma il Subbuteo non è solo aneddoti di grandi allenatori. È una parte viva della cultura italiana, una tradizione che ha attraversato decenni e generazioni, reinventandosi continuamente. Nato negli anni Quaranta dall’idea dall’ornitologo inglese Peter Adolph, con l’intento di creare una replica in miniatura del gioco del calcio, in Italia si è diffuso a partire dal 1971, trovando subito terreno fertile e guadagnando rapidamente popolarità tra giovani e adulti. Ma non si trattava solo di giocare: il Subbuteo era anche collezionismo. Le squadre dipinte a mano, spesso personalizzate per riprodurre i colori di club locali o mitici, erano veri e propri tesori. Ancora oggi, collezionisti italiani ed esteri si contendono pezzi rari a cifre sorprendenti, a testimonianza di quanto quel gioco sia stato capace di andare oltre il suo semplice utilizzo.
La Federazione
Il Subbuteo, però, non si è fermato a tutto questo, e la sua evoluzione in Calcio da Tavolo ha permesso al gioco di assumere una nuova veste, più competitiva, trasformandolo in una sorta di disciplina sportiva a tutti gli effetti, seppur non ancora riconosciuta, con regole ufficiali e tornei agonistici. La Federazione Italiana Sportiva Calcio Tavolo (FISCT), nata nel 1995, ha contribuito a dare una struttura solida al movimento, creando campionati e formando una Nazionale che ha raccolto successi memorabili.
Il regolamento
Una partita richiede ai giocatori di orchestrare le loro mosse con cautela, attraverso tocchi, tutti rigorosamente in punta di dito. L’obiettivo? Ovviamente controllare le miniature e indirizzare il pallone verso la porta avversaria. Un incontro si svolge in due tempi da 15’ ciascuno, con un intervallo di 3’. Ogni miniatura in campo può effettuare al massimo tre tocchi consecutivi sulla palla, dopodiché dovrà intervenire obbligatoriamente un altro omino sottoposto sempre allo stesso vincolo.
L’azione si interrompe con un cambio gioco quando la palla non viene colpita da alcuna miniatura oppure finisce contro un omino avversario. In queste situazioni, il giocatore in difesa inizia la fase di contrattacco e non deve attendere per poter rilanciare la sua azione. Da notare l’elemento chiave, sopra accennato, che prevede obbligatoriamente di colpire la base della miniatura con la sola punta del dito indice (o medio) garantendo così maggiore precisione e controllo del colpo.
Quando l’azione entra nel vivo sarà possibile tirare verso la porta avversaria soltanto quando la palla supera interamente la linea di tiro posizionata all’incirca sulla trequarti. Nella prova individuale si affrontano due giocatori, mentre in quella a squadre sono previsti quattro incontri in contemporanea con quattro giocatori per ciascun team con il computo del risultato finale molto simile alla Coppa Davis di tennis e pertanto determinato dalle singole vittorie su ciascun campo.
Nelle fasi a eliminazione diretta, in caso di pareggio, si procede per differenza reti sulla base dei gol segnati e soltanto in caso di ulteriore parità, si procede con un tempo supplementare della durata di 10’. Vince il team che per primo segna su uno dei quattro campi, questa formula, simile al Goden Gol, viene definita Sudden Death.
Oltre il gioco
Ma l’impegno della FISCT non si limita alla competizione. Attraverso le collaborazioni con il Settore Nazionale Subbuteo di OPES Italia e con la Lega Nazionale Dilettanti, ad esempio, il Calcio da Tavolo verrà portato nelle scuole, nelle case-famiglia e persino negli ospedali, dimostrando il suo valore sociale oltre che ludico.
Oggi, il calcio in miniatura è un fenomeno che vive su più dimensioni: è sport, collezionismo, tradizione ma anche innovazione. Ogni torneo, ogni partita, ogni atleta che alza una coppa, sono il simbolo di una comunità che non smette di credere che, anche su un campo in miniatura, il calcio possa raccontare storie straordinarie. E queste storie, dall’ossessione tattica di Conte al trionfo della Nazionale italiana di Calcio da Tavolo, sono il cuore pulsante di una passione che non conosce tempo.
Autore e foto: Roberto Tondelli.