Formiamo ora il giocatore del 2030

Formiamo ora il giocatore del 2030

Maurizio Viscidi approfondisce i concetti espressi nel suo apprezzatissimo intervento al Master 2022 dedicato al settore giovanile de Il Nuovo Calcio su come sarà il calciatore (e il calcio) tra 8 anni e su quali concetti allenanti incentrare l’attenzione. Una splendida riflessione su quello che potrebbe diventare il nostro mondo.

Non è facile prevedere il futuro, questo è innegabile, ma fermarsi un attimo a riflettere su quello che potrebbe accadere da qui a 8-10 anni è qualcosa che potrebbe servirci (e parecchio) per migliorare le metodiche d’allenamento, per vestirle su misura addosso ai giovani giocatori d’oggi, per provare a precorrere gli eventi e fare… il bene del nostro calcio. Tenterò quindi di capire dove stiamo andando, cosa sta accadendo attualmente e le novità espresse dal “movimento” in Europa. Partirò volutamente dalla fine, dal punto di arrivo, proprio da quello che presumo possa succedere nel 2030 al gioco che tanto amiamo. Questo perché solo così possiamo ipotizzare come agire praticamente in tale periodo storico e lavorare efficacemente con i calciatori, giovani e adulti che siano, per elevare il più possibile le loro qualità.

Come sarà allora il calcio? Identico ad oggi per quanto riguarda i gesti fondamentali – passaggio, ricezione, dribbling ci saranno ancora –, completamente differente per il fatto che tutto quello che il calciatore eseguirà sul campo… lo dovrà fare da marcato! In pratica ogni giocatore dovrà giocare costantemente con un avversario addosso. Dovrà passare, lanciare, concludere, ricevere… ma anche costruire, inserirsi, gestire il pallone contro un rivale che è pronto a duellare da vicino con lui. Forse meglio dire appiccicato.

Ricordate il gioco degli anni Settanta dove si formavano delle coppie che si seguivano a tutto campo (a bassissimo ritmo, però) anche nello spogliatoio, si diceva? Ecco, credo che sarà così… logicamente con intensità nettamente superiore.

Coppie di giocatori “incollati”

Spiegato questo, la domanda che sorge spontanea è: bisogna vincere i duelli, tutti i duelli con l’avversario, in entrambe le fasi di gioco per primeggiare? Sì. Sicuramente. Tutto corretto, ma non basta. Vi sono anche altri aspetti da analizzare, anche se il fatto di prevalere nel duello 1>1 diventa determinante. E diventa determinante allenarlo fin da piccoli.

Vincere un 1>1, comunque, non significa in tal caso solo superare in dribbling (possesso) o nel contrasto (non possesso) l’opponente, ma anche trovare un passaggio efficace da marcato, effettuare un cambio di gioco sotto il controllo stretto di un rivale, avere una visione globale pur con appiccicato un uomo. Insomma, chi ha il pallone agisce con una sorta di “calamita” addosso, consapevole però che la “calamita” si può attirare da una parte del campo per liberare spazio per un compagno, in un gioco necessariamente sempre più “intelligente”. Un gioco dove spazi e tempi si riducono, questa volta non per soluzioni tattiche collettive come è successo qualche anno fa, ma individuali. Un gioco dove bisogna imparare a “sbrigarsela” anche da soli, non si può sempre attendere l’aiuto di un compagno in entrambe le fasi: non si può pensare che possa arrivare qualcuno a sostegno o in appoggio (possesso) oppure che ci sia qualcuno pronto per una copertura o una diagonale (non possesso)! Quindi, “meno” organizzazione collettiva, più duelli in linea di massima.

La successione delle priorità tattico-comportamentali sarà: palla-porta-avversario-compagno, mentre attualmente è: palla-porta-compagno-avversario; quindi, in non possesso prima ci si preoccuperà di chiudere sul diretto rivale, poi di scivolare, coprire, andare in diagonale. Si giocherà sotto pressione, si giocherà in parità numerica, si costruirà senza la necessità di essere in netta prevalenza. Senza paura. Ora se non siamo 2-3 in più rispetto ai nostri rivali nell’impostazione dal basso si gioca lungo e si va a caccia della seconda palla; tra 8-10 anni sarà indispensabile proporre trame efficaci per superare le varie pressioni anche se ci si trova uomo su uomo. Perché in caso contrario saranno solo pallonate e seconde palle. Tutto ciò deve essere chiaramente allenato, ma lo vedremo dopo.

E la zona?

Sparirà quindi la zona? Credo di no. Però il suo utilizzo sarà differente. Ci saranno momenti dell’incontro in cui una squadra aggredirà “violentemente” l’altra, one-to-one, senza respiro, agirà senza preoccuparsi di chiudere le traiettorie, dei filtranti, della profondità… ma vi saranno altri periodi dell’incontro in cui si abbasserà e preparerà cerniere doppie come nella pallamano. Qui sì che la zona tornerà utile ed efficace.

Se nel primo caso il codice palla (coperta e scoperta) conterà meno, perché si lavora sull’avversario, chiedendo poca collaborazione, nel secondo potrebbe riapparire ed essere riconsiderato. Allora infatti le linee saranno nuovamente compatte, sincronizzate, attente, pronte a salire un passo se la palla viene giocata indietro. Insomma, nel 2030 tutte le squadre dovranno saper cambiare modalità difensiva passando dall’uomo alla zona con facilità estrema nel corso dello stesso incontro. Anche perché tenere ritmi elevatissimi per l’intera gara non sarà facile, quindi – pure per questo – è necessario saper modificare le modalità d’azione.

Fase di possesso

Il concetto di funzione sarà predominante, ormai è già realtà in tanti casi. È stato sdoganato anche su questa rivista. I giocatori non possono più essere definiti come terzini, difensori centrali e via dicendo. Ci sono (e ci saranno) i costruttori, gli invasori e i fissatori. I primi sono coloro deputati a superare la prima linea di pressione immediatamente di fronte a loro (azione che nel 2030 probabilmente avverrà in parità numerica); i secondi sono quelli si inseriranno oltre la linea dei centrocampisti avversari, insomma invaderanno spazi che chiamiamo ampiezza e rifinitura.

Capite bene come in pochi frangenti di gioco un laterale basso (“ex terzino”) può proporsi dietro insieme ai centrali e al portiere (costruttore), ma anche dirigersi immediatamente dopo in verticale nello spazio oltre la prima linea (invasore) se non serve il suo aiuto in fase di impostazione. E creare problemi agli avversari. I fissatori sono invece coloro che si posizionano appositamente in una zona per “bloccare” una scalata e mettere in crisi le scelte di un determinato avversario. Si sfrutteranno maggiormente movimenti e giocatori per creare un sovrannumero sulle corsie esterne, ad esempio, con tre uomini che lavorano in sinergia. Diciamo insomma che schemi e sistemi di gioco scompariranno per lasciare spazio a princìpi e funzioni.

L’aspetto fisico

Serviranno grandi atleti, non c’è alcun dubbio. Credo che i calciatori di etnia non caucasica, quelli di colore, in tante nazioni provenienti dalle ex-colonie, abbiano un talento fisico superiore. Come U19 abbiamo affrontato i pari età francesi e abbiamo vissuto una diversità fisica a tratti imbarazzante. E potrebbero fare la differenza a lungo andare. Comunque, a parte quello che madre natura dona, è fondamentale l’allenamento.

Il giocatore del futuro deve essere bifasico, ovvero deve saper passare nel modo più rapido da una fase (difensiva) a un’altra (offensiva) e viceversa. Immediatamente! Troppo spesso abbiamo ancora elementi di talento che non amano correre (e non li si fanno correre). Non possiamo permetterci più questo… anche perché – andando verso un calcio di duelli – non sacrificarsi in un 1>1 può significare un’inferiorità numerica difficile da gestire. Quindi in allenamento bisogna preparare i giocatori ad avere bassi tempi di transizione. Gli attaccanti sono poco inclini a difendere o a rincorrere? Non va bene! Come non va bene che i difensori non siano capaci di impostare con coraggio ed efficacia tecnica in parità numerica (tra l’altro c’è sempre il portiere, l’uomo in più del futuro, anche se qualcuno prima o poi penserà di aggredirlo).

Ad alto livello, inoltre, il numero di partite crescerà sicuramente e i giocatori dovranno farsi trovare pronti. L’aspetto aerobico – a mio avviso un po’ trascurato ultimamente – deve essere implementato al massimo. Il tipo di calcio che ci sarà necessita di numerose accelerazioni, transizioni continue, spazi importanti da coprire… quindi le sofferenze lattacide a causa dell’intensità saranno frequenti. Sarà necessario recuperare in fretta (nella partita e tra una gara e l’altra). E la base aerobica è indispensabile a tal proposito. Ecco che serviranno degli specialisti del recupero, che si dedicano a questo e anche, in sede di allenamento, occorre migliorare l’abitudine al gioco. O meglio la frequenza degli impegni. Fin dai giovani. Giovani che oggi disputano pochi incontri (anche durante le sedute stesse) e spesso sotto ritmo (guardiamo certe amichevoli).

L’evoluzione dello spettatore e del business

Si sta elevando il livello culturale di chi assiste alle partite anche del nostro paese: si sta passando dal tifoso (colui che “soffre” di tifo per la sua squadra), che è pronto a barattare tutto per una vittoria, a un appassionato competente, non accanito che vuole bel calcio ed emozioni; che non si agita per l’incontro, ma vuole divertirsi. E per divertirsi servono giocatori “divertenti” e un gioco divertente. Il gioco è divertente se è alto l’indice di pericolosità nella partita!

Quindi bisogna sempre pensare ad attaccare per creare finalizzazioni e non unicamente possesso. E come possiamo avere giocatori “divertenti”? Per lo spettatore è divertente il giocatore che ha tecnica, creatività se finalizzatore; visione se costruttore; potenza se difensore. Inoltre, ma questo ci riguarda un po’ meno come allenatori, occorrono impianti sportivi sicuri, belli, in cui le famiglie possono andare senza timore. Andare a uno spettacolo sportivo e non a una guerriglia fra tifoserie e forze dell’ordine!

Servono cambiamenti regolamentari

E potrebbero essere due: l’espulsione temporanea in caso di volontarietà nel fermare un’azione promettente (non basta il cartellino giallo), e il tempo effettivo. La prima consente a una squadra che viene penalizzata da un intervento falloso di tale tipo di “guadagnare” qualcosa nella stessa gara, potendo sfruttare una superiorità numerica per un numero prestabilito di minuti, ad esempio sette. Cambiano tanti aspetti, anche quello psicologico (una squadra attacca con più determinazione perché in superiorità; l’altra si compatta, si sacrifica, in attesa del rientro del proprio giocatore). Inoltre, con questa norma, si incentiva a difendere in modo corretto. Il tempo effettivo è invece a favore dell’etica dello sport, basta sceneggiate per guadagnare qualche minuto, che alla fine al nuovo spettatore del 2030 danno fastidio.

Gli staff

Saranno allargati, con tanti specialisti per aiutare il primo allenatore, una figura che va sempre più verso quella del direttore tecnico. Una figura che ha sempre la responsabilità di prendere una decisione, di avere l’ultima parola, di tracciare la strada, ma con diversi collaboratori attivi sul campo di allenamento. Il football americano su questo aspetto è più avanti del calcio. Lo staff sarà così composto:

  • specialista della fase offensiva;
  • specialista della fase difensiva;
  • metodologo;
  • tattico;
  • match analyst;
  • preparatore atletico;
  • esperto di palle inattive (oltre il 30% dei gol avvengono da queste situazioni, quindi serve un tecnico deputato a questo);
  • allenatore dei portieri;
  • osservatori.
Una riunione di staff.

La metodologia

Come deve essere quella che ci porterà alla tipologia di giocatore che sarà? Sicuramente ricca di esercizi situazionali in parità numerica. L’1>1 sarà essenziale come il 2>2 e il 3>3. Che potranno essere risolti sia con abilità individuale (dribbling) sia con triangolazioni (giocate al sostegno, al vertice, sovrapposizione interna, esterna e via dicendo). La sotto-fase di costruzione per sviluppare il gioco fin dal portiere sarà poi posizionale ma in parità numerica. Anche i possessi palla saranno, seppur posizionali, molto più direzionali e in parità.

Nel calcio di base poi si deve dare più spazio al gioco e alla tecnica situazionale, ritardando enormemente l’entrata in “campo” della tattica collettiva. Sapete cosa hanno fatto in Germania? Si sono accorti che nei piccoli gli istruttori lavoravano già un po’ troppo sulla tattica, che le partite erano bloccate… quindi hanno cambiato il modello per i giocatori dai 6 agli 11 anni che ora giocano solo incontri 1>1, 2>2, 3>3 fino al 7>7 su campi di dimensioni ridotte. Così ci si abitua ad avere sempre l’avversario addosso. Perché questo sarà il calcio del 2030. Un calcio fatto di tante partite nella partita.

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