Il calcio del futuro

Il calcio del futuro

Un evento unico, relatori di assoluto valore, un aggiornamento continuo e trasversale. Multimediale grazie alla partnership con YouCoach. Questo è il Master de Il Nuovo Calcio che vive ormai da oltre 20 anni.

La formazione non si ferma. E non lo deve fare mai. Anche perché il calcio va avanti. Il calcio va verso il futuro. Come dice appunto il titolo dell’evento che abbiamo organizzato nei giorni 12-13 giugno. Un’iniziativa proposta per la seconda volta in forma digitale a causa della pandemia che non permette assembramenti e convegni. Ma che ha raccolto un gran numero di partecipanti i quali hanno assistito a una due-giorni “tutta studio”, con 10 relatori che si sono contraddistinti per sapere e passione. E sulla scelta dei protagonisti, fatta logicamente mentre si disputava ancora la stagione 2020-21, grazie al nostro direttore Ferretto Ferretti, abbiamo fatto “bingo”. Sia in termini di risultati sia di valore umano e professionale.

Ferretto Ferretti, direttore de Il Nuovo Calcio.

Vincenzo Italiano ha ottenuto una salvezza ipotizzabile da pochi in avvio con lo Spezia, guadagnando quest’anno la prestigiosa panchina della Fiorentina; Alessio Dionisi ha “vinto” la Serie B e la guida del Sassuolo per il 2021-22; Paolo Zanetti ha dominato partita dopo partita i play-off di B e tra un mese sarà il suo Venezia nella massima serie; Massimiliano Alvini, pur retrocedendo in un’annata tribolata con la Reggiana (unica squadra professionistica ad aver perso una gara a tavolino causa COVID-19), a dimostrazione della bontà del suo lavoro, è stato chiamato immediatamente dal Perugia.

Mentre Ivan Javorcic dalla Pro Patria è passato al SüdTirol ed Enzo Maresca dalla seconda squadra del Manchester City al Parma. Insieme a loro Daniele Adani, Attilio Sorbi, Gaetano Fontana e Mirko Marcolini, nostri collaboratori, più o meno recenti ma sicuramente competenti, che hanno portato nella nostra aula virtuale le loro conoscenze, frutto di anni di esperienze calcistiche e/o trasversali. A tutti loro il nostro più sentito ringraziamento per il tempo dedicato alla preparazione delle lezioni e al dialogo coi lettori.

Insomma, un’occasione di aggiornamento, meglio di approfondimento, nel nome di “Una nuova generazione di allenatori”, per non lasciare nulla al caso nella prossima stagione. Stagione che ci auguriamo sia vera. Viva. Dalla prima all’ultima gara dalla Serie A ai Pulcini. Con la speranza di ritrovarci faccia a faccia, prima sul campo e poi, chissà, magari nella splendida casa degli Azzurri, freschi Campioni d’Europa, come una volta. Per mettere in circolo l’amore per il calcio.

Tutti collegati si parte

L’appuntamento con la formazione era per sabato 12 giugno, ore 9.00 del mattino. Ferretto Ferretti insieme ad Alberto Nabiuzzi, responsabile tecnico di YouCoach e nostro brillante “Caronte” nel mondo della conoscenza calcistica, hanno aperto i lavori dando subito la parola a chi ha fatto della comunicazione la sua mission, il suo percorso, Lele Adani.

Che attacca immediatamente con la carica e l’entusiasmo che lo contraddistinguono il tema che ha scelto con cura: “Analisi e comunicazione nel calcio del 2021”. «Non esiste un buon professionista, se dietro non c’è l’uomo. Se ti riveli come uomo, puoi utilizzare la vera comunicazione. Perché il calcio non è un passatempo, bisogna essere onesti, sinceri, mettere cuore per arrivare al cuore delle persone.»

L’obiettivo, da sempre dichiarato da Adani, è avvicinare il calcio alla gente, con profondità, spiegando e illustrando i perché di certi discorsi, di certe scelte. Bisogna “semplificare” i concetti, ma mai banalizzarli. Insomma «Non si analizza riducendo, ma approfondendo. Non ci si può fermare, a qualsiasi livello, a “palo dentro e palo fuori”. Non si celebra o butta via tutto in base al risultato. Si lavora!» E questo è anche ciò che devono fare i tecnici, che oltre a trasmettere amore per il nostro sport, devono capire che «Oggi essere allenatori non vuol dire esercitare solo in campo, c’è di più… molto di più.

Un conto è “attecchire” con la squadra, un altro è guardare negli occhi i ragazzi e percepire che non ti vedono vero, sincero…» E la comunicazione fa la differenza: «Non si tratta di spiegare un 4-3-3, uno schema, ma entrare “dentro” l’interlocutore con passione, toccando le corde giuste per trasmettere il pensiero. Se non si colpiscono testa e cuore l’idea non passa. L’allenatore è il trait d’union tra tutte le figure che gravitano nel nostro mondo: tra calciatori, appassionati, dirigenti, collaboratori… e deve avere rispetto di tutti. Non può solo chiederlo.»

Lele non si ferma certo a queste considerazioni, il suo intervento dura quasi un’ora e mezza, in cui spazia dai dilettanti ai professionisti, dalle esperienze vissute a quelle dei grandi giocatori, magari diventati tecnici dal valore assoluto oggi, che conosce e con cui si confronta personalmente… e, come dice lui, sarebbe banale ridurlo in queste poche righe. Infatti, come scelta editoriale, quest’anno abbiamo deciso di presentare solo sunto di quanto accaduto, coi concetti principali espressi dai nostri esperti, per lasciarvi la possibilità di un’analisi più profonda vedendo o rivedendo l’intero evento.

Tra le linee si fa la differenza

Dopo Adani, la palla passa all’allora tecnico dell’Empoli, Alessio Dionisi, ora successore di Roberto De Zerbi in una delle più belle realtà del calcio italiano, il Sassuolo. L’argomento trattato è quello di come “Valorizzare l’uomo tra le linee”. «Per me è un onore essere qui, prima ascoltavo e ora ho il piacere di essere ascoltato. Allenavo in Serie D e non la dimentico. A oggi sono un allenatore che ha allenato più in D che in altre categorie.» Questo è l’approccio del neo-tecnico del Sassuolo.

Ma veniamo al tema: quali sono i vantaggi di avere un elemento tra la linea difensiva e di centrocampo avversarie? «Dall’Imolese, dove avevamo per la categoria un calciatore che faceva la differenza. Dovevo sfruttarlo al meglio. Credo che la prima caratteristica di un allenatore sia quella di valorizzare le qualità dei giocatori più importanti. Prima non ritenevo il 4-3-1-2 un sistema di facile applicazione, in particolare in fase di non possesso. Mi sono ricreduto. Anche a Empoli avevamo le peculiarità giuste per applicarlo.»

Da dove si parte per costruire un’idea di calcio con l’uomo tra le linee come protagonista? Il mister toscano dice da esercitazioni senza avversari, non per dare schemi, ma per vedere le combinazioni che possono nascere, correggendo e ricercando una grande precisione esecutiva, in tutti i momenti. L’obiettivo è di andare a lavorare in situazioni che sono simili alla partita. Questo è il vero fine. «Con la ripetizione che porta a migliorare, i giocatori devono riconoscersi, “annusarsi”.»

Il discorso di Dionisi entra poi nel dettaglio delle opzioni che si possono usare per sfruttare al meglio il trequarti, da quando questo giocatore può “aprirsi” con lo spazio tra le linee preso da un compagno, a quando attacca la profondità alle spalle del terzino se questo marca la mezzala; oppure se agisce tra le linee. Il tecnico propone nel corso della sua presentazione diversi esercizi adattati anche a eventuali caratteristiche degli avversari. Tocca in conclusione pure l’impostazione dal basso coi vantaggi che ne conseguono.

Alessio Dionisi.

Attenti alle sfumature

Dopo la pausa, il pomeriggio è davvero ricco di interventi: Ivan Javorcic apre i discorsi parlando della “Costruzione di un modello di gioco con il 3-5-2”. L’avvio è dedicato chiaramente ad alcune definizioni. Per modello di gioco, il mister intende l’insieme dei princìpi di comportamento che ne chiariscono l’organizzazione dando a questa una sua identità nelle 4 principali fasi (possesso, non possesso, transizione positiva e negativa, ndr).

«Nella mia descrizione – sostiene Ivan – i princìpi, il sistema e il metodo di allenamento evidenziano lo stile di gioco. Attenzione però: non basta quello che c’è nella testa del mister perché occorre considerare in ogni momento la storia e la cultura del club, gli obiettivi da conseguire insieme a visione e missione della società, e i giocatori in organico, con le loro caratteristiche.» Dallo stile si passa alla strategia: «In un calcio moderno che si evolve istante dopo istante – dice Javorcic – per essere efficaci è indispensabile pianificare accorgimenti anche secondo chi si affronta.»

Ma perché 3-5-2? «Perché è il sistema che, per tutto quanto affermato, ho usato in questo periodo. Ma è unicamente un “numero” che aiuta a far capire certi concetti ai calciatori. Il calcio è fluido, codifiche e princìpi si intrecciano. Ad esempio, posso dare delle indicazioni sulle posizioni da tenere per impostare da dietro, ma poi la scelta delle soluzioni è dei giocatori, che devono interpretare quanto accade. Oppure impostare 3 + 1, con 2 “quinti” che amano palleggiare per avere dei vantaggi in termini di imprevedibilità, ma poi – trovata l’uscita – adottare movimenti magari per catena. Ciò che conta è essere flessibili e concepire le funzioni dei calciatori più che i ruoli.» In pratica si lavora per princìpi, ma vi sono le sfumature delle codifiche. Il discorso poi prosegue con video e soluzioni tattiche, sia sul possesso sia sul non possesso.

A tu per tu con…

Enzo Maresca. È lui l’allenatore che abbiamo scelto per una sorta di tavola rotonda con tutti i presenti. Ex giocatore di assoluto valore, si è trasferito giovanissimo in Inghilterra e poi ha vissuto numerose esperienze all’estero. «Quello è stato uno dei momenti chiave della mia formazione da calciatore, l’allontanarmi da ragazzo dall’Italia è stato importante. Lo stesso vale per quando ho lasciato Salerno per il settore giovanile del Milan.» Il nuovo mister del Parma risponde a numerose domande, traccia una sorta di identikit di calcio inglese, spagnolo e italiano: «Per riassumere i concetti, il calcio spagnolo è tecnico, l’italiano è tattico, l’inglese di “transizione”.» Parla di Guardiola («Vederlo lavorare un anno intero è qualcosa di unico. Cerca sempre nuove soluzioni perché i suoi calciatori possano rendere al massimo e si circonda di persone assolutamente preparate»), della sua filosofia operativa, della fase difensiva e di quella offensiva.

Enzo Maresca.

Uno stile aggressivo

La giornata è chiusa da Massimiliano Alvini, allora tesserato Reggiana, ora mister del Perugia. Molto “carico” fin dalla prima telefonata per parlare dell’argomento da trattare: «Ho assistito ai Master de Il Nuovo Calcio fin da quelli di Salsomaggiore e Tabiano – dice durante la chiacchierata con chi vi sta scrivendo – è un piacere venire da voi, anche solo “virtualmente”. Voglio fare bella figura, ci credo molto in questi momenti di crescita.» E sicuramente Massimiliano una bella figura l’ha fatta analizzando il tema “Difendere sul riferimento”.

Tanti i concetti portati alla luce, su tutti lo studio dei modi di difendere: «Ho voluto proporre questo argomento perché rappresenta un po’ la mia evoluzione. Da allenatore usavo la zona, da giocatore facevo il libero, poi sono tornato a difendere sul riferimento. Puoi agire per conquistare palla, con una difesa aggressiva, che è quello che mi piace, fondamentale per dominare il gioco; oppure proteggere la porta.» Per conquistare la palla, poi ci sono due opzioni: usare un pressing per coprire lo spazio o per aggredire l’avversario (lavorare sui riferimenti, ndr).

In quest’ultima situazione, quella ricercata da Alvini sono essenziali: «Aggressività, partecipazione totale, scalate in avanti (e indietro, ndr), imposizione della propria presenza sull’avversario e coraggio.» La relazione del mister toscano è molto approfondita, entra in diversi dettagli tattici, è prodigo di indicazioni per organizzare questo modo di giocare. Poi, tocca al suo secondo, Renato Montagnolo, che evidenzia movimenti e soluzioni realizzate, oltre a diverse esercitazioni improntate sui duelli. Un intervento tutto da guardare e riguardare.

A tutto 4-3-3

Gaetano Fontana, allenatore Uefa Pro e autore del libro “Il 4-3-3 e le sue evoluzioni” apre la giornata di domenica e sviluppa dei concetti relativi a quanto scritto nel suo “Tattico”, il settimo della nostra casa editrice. Comincia dalla sua storia calcistica per arrivare ai giorni nostri, suggerendo soluzioni e proposte pratiche: «Sono nato come calciatore in un periodo di trasformazione, si è passati dal calcio del “contropiede” a quello di Zeman, Galeone e… Sacchi. Tutto era più organizzato, schematico e i classici trequartisti come me hanno iniziato a soffrire, a doversi adattare mentalmente e tatticamente a nuove richieste.»

Insomma, a traslocare sull’esterno oppure ad agire da play o seconda punta. Perché allora le codifiche erano molto rigide. Come lo era il 4-3-3, che il mister illustra portando video e disegni.» Ora però c’è stato un ulteriore cambiamento: «Gli schemi hanno lasciato posto ai princìpi e lo stesso 4-3-3 è divenuto più fluido, flessibile, interpretato da giocatori che sanno agire in posizioni diverse e con compiti differenti. Giocatori che diventano costruttori, fissatori, attrattori e conquistatori». Un’organizzazione che stimola il calciatore a scegliere continuamente, consapevole che «Anche una non scelta – ad esempio rimanere fermo – è una decisione che condiziona i comportamenti dei compagni». I particolari evidenziati sono diversi, per chi volesse approfondire, oltre al video della lezione, c’è il libro.

Cosa dicono i numeri

L’intervento di Mirko Marcolini, ingegnere biomedico, ci porta un punto di vista differente per quanto riguarda il nostro sport, quello dei “dati”. “Tutto sotto controllo coi GPS?” è il titolo “provocatorio” della sua relazione. Mirko, nostro collaboratore da diverso tempo, spiega le varie tipologie di analisi possibili oggi: parte da quella video per arrivare all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per capire i pattern ricorrenti in uno o più incontri («È quella che la Lega di A ci ha chiesto di perfezionare per stabilire l’MVP della stagione 2020-21»). Poi vi sono vari sistemi per tenere tutto sotto controllo, fino a soluzioni per provare a stabilire dei criteri di scouting. Insomma, il mondo della tecnologia è in grande evoluzione e… «La tendenza è quella di usare i GPS non solo per controllare gli aspetti fisici, ma per precise analisi tecnico- tattiche».

L’allenatore

Già docente a Coverciano, poi secondo di Milena Bertolini con la Nazionale italiana femminile, quindi tecnico dell’Inter: Attilio Sorbi non ha certo bisogno di presentazione. La sua relazione è collegata al mestiere di allenatore, si intitola “Calcio: tra princìpi e codifiche” proprio per inglobare i numerosi aspetti indispensabili per un tecnico. L’inizio verte appunto sull’evoluzione del nostro sport: «Per troppo tempo lo abbiamo diviso e segmentato: in realtà il calcio è un tutt’uno e dobbiamo viverlo nella sua complessità, nella sua interezza, consapevoli che è fatto di interazioni.»

Prosegue poi Sorbi: «La forma più alta in cui si muove il calcio è quella tecnica, che permette ai pensieri tattici di essere funzionali a ciò che accade. Non ho mai visto giocatori poco abili nella gestione del pallone avere scelte di gioco incredibili. Idee e immaginazioni sono possibili se si domina il pallone.» I concetti espressi da Attilio sono diversi, si va dall’importanza del singolo a quella della squadra, dalla lotta da parte dell’allenatore al “caso” e all’imprevedibilità del gioco stesso, dall’1>1 alla tattica collettiva.

Ci vuole coraggio

Come preparare l’aggressione ultra-offensiva” è l’argomento che Vincenzo Italiano illustra nel primo pomeriggio. «L’idea su cui si basa questa soluzione tattica è quella di non far arrivare palloni puliti agli attaccanti avversari, che in Serie A potevano metterci davvero in difficoltà. Piuttosto che attendere bassi, abbiamo cercato di difenderci nella loro metà campo. Sono stati indispensabili un grande dinamismo, uno spirito di sacrificio notevole e coraggio. Ci davano tutti per “spacciati” all’inizio, abbiamo fatto un’impresa epica.»

Il tecnico siciliano quindi, con numerosi video, chiarisce come ha attuato l’aggressione ultra-offensiva, declinandola contro squadre che lavoravano a 4 oppure a 3. «Il nostro tipo di schieramento – ha detto – non è mai cambiato, è rimasto 4-3-3, ma le uscite e gli accorgimenti erano variabili. L’intenzione era indirizzare esternamente gli avversari e poi cercare la riconquista a volte con la mezzala, a volte col terzino, ma anche con la punta laterale. E pure centralmente cambiavamo i calciatori che avanzavano a contrasto.» Numerosi sono i particolari tattici trattati sul tema, in una relazione – per chi non ha assistito in diretta – tutta da studiare.

Attenti a non essere estremisti

Se Vincenzo Italiano ha compiuto un’impresa con il suo Spezia, Paolo Zanetti, con il Venezia, non è stato da meno: ha raggiunto la A ai play-off applicando un calcio positivo e propositivo, con un avvio del gioco dal portiere ben organizzato. E proprio questo è stato il tema sviluppato: “Costruire bene dietro per avere vantaggi davanti”. «Il cambio della regola ha portato a uno studio molto attento sull’impostazione dal basso. Bisogna preparare tutte le soluzioni, personalmente ci spendo e vi ho speso molto tempo, ma non essere degli estremisti.»

Il mister del Venezia chiarisce perché conviene partire da dietro o meno: «Al primo posto c’è la coerenza con la propria filosofia di gioco: se voglio un calcio in cui gestiamo la partita, se voglio divertirmi con il pallone come da bambini, non posso lanciarlo lontano subito e puntare su un duello. Poi, sono essenziali le caratteristiche dei giocatori e soprattutto l’atteggiamento degli avversari. Se vengono a prenderti, devi fare una scelta; se attendono, devi per forza costruire. Non puoi buttare il pallone.» L’intervento di Zanetti scorre via piacevolmente, vari i particolari toccati, che vanno dai possibili sviluppi, a cosa hanno detto i numeri; dalla pratica allo studio dei rivali.

Un Master, ancora una volta, che è stato un momento di confronto, di approfondimento, di discussione. Con la speranza che tra meno di dodici mesi… tutto ciò sia possibile dal vivo.