Le transizioni negative

Le transizioni negative

Come perfezionare questa fase del gioco coi ragazzi ma anche con calciatori di prima squadra. I concetti fondanti e la pratica.

Alla domanda “Quanto e come si allenano le transizioni negative?”, la risposta più veloce che passa per la mia testa è… sempre. E soprattutto in maniera molto naturale perché sono dentro il gioco costantemente. Infatti, credo che non debba esistere proposta pratica in cui le transizioni, sia negative sia positive, non esistano. Un mio grande maestro infatti chiamava le esercitazioni senza transizioni “tronche”.

Un’azione, infatti, termina quando la palla esce dal campo; non può esserci azione che si conclude con la sfera ancora all’interno del rettangolo di gioco. La problematica più grande quando non si allena in regime di complessità (da “cum” + “plecto” cioè intrecciato, tessuto insieme) è che a livello inconscio si innescano dei meccanismi non idonei a quello che è il gioco; o meglio non si creano delle attitudini utili a stare in maniera efficace all’interno dello stesso.

Se in passato si pensava che la necessità fosse quella di formare giocatori intelligenti, ovvero che agivano dopo aver scelto in base a pensieri razionali, stimolati ad esempio con spiegazioni e accorgimenti prettamente verbali che sollecitavano la conoscenza, oggi c’è sempre di più la necessità di formare elementi intuitivi, che oltre al sapere (conoscenza appunto) abbiano la competenza (saper fare).

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Autore: Filippo D’Alesio.
Foto: Francesca Grana.