Una “B”ellissima prima volta

Una “B”ellissima prima volta

Alberto Nabiuzzi

F.C. SÜDTIROL – Quest’anno il club dell’Alto-Adige ha ottenuto una splendida promozione in Serie B. Un’impresa costruita su cultura del lavoro, spirito di sacrificio e voglia di “andare oltre”: amministratore delegato, direttore sportivo mister e capitano, spiegano quanto compiuto.

Cultura del lavoro, competenze e umiltà. La “ricetta” del Südtirol è chiara sia negli ingredienti sia nelle procedure. Non ci sono segreti o un tocco magico. Prendete una società sana, armatevi di pazienza, date continuità e il gioco è fatto. In un territorio che possiamo definire particolare per molti aspetti si è realizzato qualcosa che sembrava impossibile. Qui non esistono scorciatoie e se le istituzioni ti supportano, è solo perché te lo sei meritato.

Superare le porte del nuovo centro sportivo immerso nei boschi è come entrare in un eremo del calcio. Sei portato naturalmente a trovare il piacere nel lavoro quotidiano e nel sacrificio. Scopriamo insieme le chiavi dell’impresa del Südtirol, che non vuole essere un modello, ma lo sta diventando grazie a un percorso che in questo momento è invidiato da tutti. E il percorso ce lo spiegano: Dietmar Pfeifer, l’amministratore delegato, Paolo Bravo, il direttore, Ivan Javorcic, l’allenatore della promozione, e il capitano Hannes Fink.

Cultura del lavoro e credibilità

Uno dei protagonisti della programmazione del Südtirol è Dietmar Pfeifer (nella foto), che ci può raccontare l’evoluzione, la storia della società. L’amministratore delegato infatti lavora nel club da sedici anni.

Dietmar Pfeifer - Ad. Fc Sūdtirol
Dietmar Pfeifer – Ad. Fc Sūdtirol

Lei è la figura che raccorda tanti anni di vita di questo club, non c’è nessuno che è qui da più tempo…
«Sì, è vero, ed è una cosa abbastanza anomala in Italia. Sono arrivato nel 2006 e non avevo neanche 28 anni, quando l’allora azionista di maggioranza mi ha chiamato. Era un momento di difficoltà economica per il club. Dopo un anno di prova ho visto che c’era del potenziale e il progetto poteva decollare. Nel primo periodo ho svolto il ruolo di amministratore delegato solo per alcuni reparti aziendali; poi dal 2009 ho avuto tutte le deleghe per la gestione aziendale a 360°.»

Non proviene dal mondo del calcio, vero… «No, esatto. Precisamente da quello del tennis e questo ha portato vantaggi e svantaggi: capisco lo sport, capisco l’atleta, i ragionamenti e le sue paure. Il vantaggio di non provenire da questo mondo è vedere le cose in maniera più distaccata, con meno emozioni, essendo meno toccato dal passato. Il progetto era vincente perché permetteva di rappresentare un territorio grazie al calcio e il Südtirol aveva un’immagine positiva, anche perché non veniva da fallimenti e non c’era diffidenza.»

Durante gli anni è riuscito a creare un gruppo coeso e competente. Come lo gestisce? «La gestione societaria, a partire dall’individuazione delle risorse umane nei vari reparti, è stata un punto fondamentale. Così come è stato essenziale cercare sempre nuove fonti di finanziamento e potenziare il progetto con soci forti. Io sono un lavoratore, per dirti non vado in ferie dal 2013. Sono cresciuto anche io, di anno in anno, migliorando me stesso con l’umiltà di capire che non posso essere quello che sa tutto. Infatti, il mio ruolo è stato supportato da professionisti nei vari ambiti che ricoprono funzioni differenti all’interno della società.»

Possiamo dire che il segreto del vostro progetto è il mix di continuità e pazienza?
«Per arrivare a quello che siamo oggi ci sono voluti tanti anni; all’inizio non avevamo infrastrutture e c’era un solo campo da allenamento per la prima squadra. Niente stadio. Per noi è stato importante gettare le basi. La fretta che ti dà l’esigenza del risultato è pericolosa. Se la vittoria non è accompagnata da fondamenta societarie solide, la sconfitta è dietro l’angolo. Quindi sì, abbiamo avuto pazienza ed equilibrio nei momenti di difficoltà.»

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