Una “B”ellissima prima volta

Una “B”ellissima prima volta

Alberto Nabiuzzi

Dietro le quinte

Paolo Bravo (nella foto), ex difensore cresciuto nel Como, con un passato importante a Rimini, è direttore sportivo del club da quattro stagioni.

In questi quattro anni la squadra ha raggiunto nell’ordine il sesto, il quarto, il terzo e infine il primo posto. Sembra quasi che tutto sia stato pianificato…
«Credo che la vittoria non si possa programmare, la competitività invece sì. La vittoria non è una conseguenza diretta della programmazione. Noi abbiamo saputo crescere a livello organizzativo e costruire un pezzo alla volta. In Serie C mediamente la società col miglior progetto ottiene la promozione una volta su dieci, nel resto dei casi la forza economica la fa da padrone.»

Paolo Bravo - DS. Fc Sūdtirol.
Paolo Bravo – DS. Fc Sūdtirol.

Nella scelta dei giocatori quali sono state le chiavi per arrivare a essere competitivi?
«Ho voluto costruire una squadra con una marcata presenza fisica, in Serie C credo sia determinante. Ho cercato di prendere calciatori che venivano da annate non esaltanti ma che avessero voglia di rilanciarsi, anche delusi ma con voglia di emergere e ambizione di ottenere qualcosa di importante. Tutti quelli che ci hanno scelto lo hanno fatto perché ci hanno ritenuto un trampolino di lancio, non un punto di arrivo. Ho sempre costruito la squadra con questa idea. Abbiamo anche dei parametri per quanto riguarda gli ingaggi. Non abbiamo impostato a priori un tetto salariale ma vige un’impronta di equità e proporzionalità.»

E per la costruzione dello staff Il mister è arrivato da solo. Era voluta questa cosa?
«È un caso, non ho basato la scelta su questo aspetto. Mi piace la gente che lavora ed è di poche parole, gente che sa “fare” sul campo per trasmettere le idee nel modo giusto, non mi interessa chi è solo bravo dal punto di vista teorico. Per me è più importante la pratica rispetto alla teoria. In questo l’input sul campo da parte dell’allenatore è determinante.»

Una bellezza efficace

Ivan Javorcic (nella foto) è arrivato all’inizio di questa stagione volendo fortemente il progetto Südtirol. Aveva avuto altre offerte, anche di categoria superiore – ci ha confessato in una lunga intervista già apparsa sulla nostra rivista – ma ha scelto il club di Pfeifer e Bravo. E ha portato a termine una grande impresa.

Ivan Javorcic - Coach Fc Sūdtirol.
Ivan Javorcic – Coach Fc Sūdtirol.

Partiamo dai numeri. Avete fatto una stagione davvero impressionante: numero di vittorie, punti, meno gol subiti. Sembra quasi che avevate programmato questa promozione…
«No, perché sarebbe stato presuntuoso aspettarsi un tale risultato, ma gli obiettivi li abbiamo fissati. Siamo partiti da micro-obiettivi, anche quotidiani, che siamo riusciti a raggiungere, che hanno di conseguenza portato a macro-obiettivi. Per esempio, a gennaio ci siamo prefissati di fare più punti rispetto all’andata e di subire meno reti per vincere il torneo: ci siamo riusciti. Siamo stati bravi a trovare gli stimoli giusti. Il nostro focus quindi è stato anche sui numeri, ma siamo giunti al risultato finale passo dopo passo, ottenendo prima tutte le finalità più piccole.»

Esiste un segreto per tutto questo? Qual è stato il vostro?
«Tutto parte dalla cultura del lavoro, questa è stata la base su cui abbiamo fondato il nostro successo. Ho avuto la fortuna di trovare un gruppo già pronto e orientato in questa direzione ed è stato decisivo. Per esempio, nel periodo da gennaio a marzo in cui abbiamo giocato quasi tutte le domeniche e mercoledì, i ragazzi hanno avuto solamente una o due giornate libere, così come in quello natalizio durante il quale siamo rimasti qui ad allenarci. Abbiamo potuto ottenere questo risultato soprattutto grazie ai sacrifici dei calciatori. Non potevamo permetterci errori di comportamento, per questi non c’era tolleranza. Per pensare di conseguire questi risultati devi essere “estremo”. E noi lo siamo stati.»

C’è solo un capitano

Più di 300 presenze con la stessa maglia che ha indossato per tutta la sua carriera. Hannes Fink, il capitano è un’istituzione al Südtirol. È stato premiato da poco dalla società al raggiungimento delle 300 presenze, secondo solo a Rudi Brugger. Qui ha fatto il settore giovanile e ha militato in prima squadra senza mai andare via, neanche in prestito. «Devo tutto a questa società», ci ha detto.

Hannes Fink - Fc. Sūdtirol.
Hannes Fink – Fc. Sūdtirol.

Non fai solo il giocatore, ti occupi anche di altro, vero?
«In effetti seguo diverse cose, per esempio i camp estivi. Ho contatti con le società del territorio e ho la possibilità di conoscere le persone e il funzionamento dei club.»

Com’è stato essere capitano senza giocare? Come vivi lo spogliatoio?
«È la squadra che ti permette di essere capitano, anche se non scendi in campo. I miei compagni mi hanno fatto sentire di poter esserlo e non hanno mai messo in dubbio la mia posizione, anche se non venivo schierato.»

E con il mister?
«Ho cercato di aiutarlo. Con il passare degli anni ho capito che bisogna dare importanza all’allenatore dentro lo spogliatoio e, in un certo senso, proteggerlo. È lui la figura che ti può permettere di raggiungere i risultati. Se togli al mister, stai togliendo alla squadra e a te stesso. In passato forse non sono stato così bravo a farlo.»

Qual è il segreto del vostro spogliatoio?
«Innanzitutto il direttore è stato abile a creare una base importante di giocatori, un gruppo che ha portato avanti per diverso tempo. Oltre al livello calcistico, sono stati inseriti elementi di valore umano. Abbiamo vissuto insieme tanti episodi e abbiamo “legato”. Abbiamo raggiunto una certa maturità e c’è molto rispetto tra di noi: alla base di tutto c’è l’onestà. Un altro aspetto che ci contraddistingue è la mentalità orientata al lavoro.»

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