Problem solving: trova la soluzione

Problem solving: trova la soluzione

L’importanza delle Life Skills: l’importanza di sollecitare i giovani giocatori a trovare le soluzioni ideali alle “difficoltà” che si incontrano sul campo di gioco o meglio il problem solving!

Come abbiamo già precisato anche in altri articoli, le Life Skills (LS), le cosiddette “abilità per la vita” rappresentano quel bagaglio di competenze diffuse a cui ciascun ragazzo deve attingere per rispondere alle richieste di una quotidianità sempre più esigente. L’educazione alle LS nei diversi contesti quali la famiglia, la scuola o la società sportiva, secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) deve:

  • essere finalizzata a promuovere il benessere psicologico e la competenza nel far fronte alle varie difficoltà della vita;
  • basarsi su una metodologia centrata sul soggetto e orientata all’attività;
  • promuovere e rafforzare la capacità di assunzione di responsabilità nelle proprie azioni. Le società sportive rappresentano un contesto ideale per la trasmissione e l’acquisizione di competenze psico- sociali, indispensabili per affrontare con successo i diversi passaggi nel processo evolutivo, dall’infanzia, all’adolescenza, alla vita adulta. L’esperienza sportiva, infatti:
  • coinvolgere ampie popolazioni di bambini e adolescenti;
  • mettere a disposizione le infrastrutture necessarie
  • assicurare la disponibilità di adulti-educatori esperti;
  • se ben organizzata, gode di prestigio e credibilità nella comunità;
  • offrire la possibilità di valutazioni a breve e a lungo termine.

L’educazione alle LS insegna agli individui a comportarsi in modo efficace per il raggiungimento del benessere mentale, dell’autostima, della capacità di relazionarsi con gli altri e dell’aumento dell’autoefficacia (Bandura, 1997). Le diverse skills non vanno considerate separate una dall’altra, ma sono sempre correlate: ad esempio la capacità di problem solving, di cui parleremo in questo articolo, è strettamente legata alla decision making, trattata nel numero dello scorso. Infatti, i processi decisionali possono riguardare obiettivi per i quali si devono valutare più alternative o risolvere aspetti problematici magari di tipo relazionale.

Risolvere i problemi

Per affrontare in modo costruttivo le diverse difficoltà che quotidianamente incontriamo e che, se lasciate irrisolte possono creare stress e tensione, possiamo avvalerci della competenza cosiddetta di problem solving. È l’abilità di imparare a strutturare processi di soluzione dei problemi più comuni della vita quotidiana o, nel nostro caso, più frequenti in alcune dinamiche sportive. Presuppone la messa in gioco delle proprie risorse per focalizzare il problema, analizzare la specifica situazione e ipotizzare soluzioni scegliendo la più adatta e rispondente al problema stesso.

In giovane età, tuttavia, non sempre si può riuscire in tale scopo perché mancano le giuste competenze (ad esempio, non è stato acquisito il pensiero ipotetico deduttivo), ma anche le capacità di coping indispensabili (cioè il saper far fronte all’imprevisto o alla difficoltà). Crescendo, attraverso le esperienze e l’osservazione di modelli d’apprendimento, si acquisiscono autonomamente delle strategie che spesso possono rivelarsi del tutto o parzialmente non adeguate perché basate su informazioni parziali o fuorvianti. Accade che in situazioni decisionali problematiche o di conflitto, la risposta sia spesso influenzata da meccanismi di difesa come:

  • reagire con comportamenti stereotipati;
  • fingere di non vedere il problema (scappare evitandolo)
  • affrontare la situazione con pensieri negativi di rinuncia (“Non tento nemmeno perché so che non riuscirò”).

È evidente che chi riesce a far fronte a una situazione problematica studiando una strategia dimostra di sapersi adattare meglio rispetto a chi utilizza i meccanismi di difesa come quelli citati precedentemente. Naturalmente tutto diventa più articolato con l’aumentare dell’età sia per l’aggiunta di nuovi bisogni sia per l’acquisizione di nuove capacità cognitive.

Sentirsi all’altezza

Rispetto alla capacità di risolvere i problemi, l’autoefficacia percepita (“sentirsi all’altezza”) diventa fondamentale. Infatti, più la persona crede nelle proprie capacità, tanto più s’impegnerà nell’affrontare le situazioni stressanti sentendosi in grado di modificare a proprio vantaggio gli eventi. La convinzione di efficacia è determinante in quanto influenza il modo in cui le persone pensano, si organizzano, trovano la giusta motivazione personale e, infine, agiscono. Al contrario, una scarsa “sicurezza” alimenta il senso di sfiducia e di ansia. L’autoefficacia non va confusa con l’autostima. La prima è relativa a valutazioni specifiche della propria capacità in determinati ambiti d’azione, la seconda corrisponde a un giudizio di valore generale su se stessi. Le modalità attraverso cui è possibile acquisire e migliorarla sono molteplici. Quattro sono state ben evidenziate dallo psicologo americano Albert Bandura nel 1997:

  • esperienze dirette di gestione efficace – essendo caratterizzate dal successo, consolidano la fiducia in quello specifico ambito (ad esempio, la vittoria in campo sportivo);
  • osservazione di modelli con caratteristiche simili al soggetto che attraverso le proprie azioni e il proprio impegno raggiungono risultati; soprattutto tra gli adolescenti, l’imitazione di un modello positivo può rafforzare la motivazione.
  • persuasione – si tratta di farsi convincere di possedere le doti richieste per riuscire; per convincere, però, non è sufficiente sottolineare verbalmente le valutazioni positive, è necessario far sperimentare il successo e l’efficacia attraverso azioni concrete. Nell’attività sportiva, soprattutto in quella evolutiva dobbiamo insegnare a misurare i propri risultati non in termini di competizione con gli altri, ma come continuo miglioramento personale;
  • stati emotivi e fisiologici personali – sentirsi bene ed essere ottimisti può predisporre a una buona riuscita del compito a differenza di chi, in preda all’ansia o di cattivo umore, può partire già psicologicamente demotivato.

Insegniamo il problem solving

Spesso tra i ragazzi capita che le situazioni conflittuali, anche all’interno della squadra, siano risolte con sopraffazioni e manifestazioni di superiorità da parte di alcuni soggetti più forti e sicuri. Queste situazioni lasciano spesso una scia di risentimenti, umiliazioni, disistima che possono portare a comportamenti di isolamento dei più deboli. Il risultato sarà che nel gruppo si perderà il legame di affezione positivo per lasciare spazio a rabbia e frustrazione. L’uso del problem solving, attraverso l’apprendimento attivo, in queste situazioni si rivela un metodo efficace per aiutare a trovare strategie d’intervento.

Nell’apprendimento attivo, l’insegnante-educatore-allenatore diventa un semplice conduttore che lascia sperimentare la situazione ai ragazzi, organizzando il processo ma osservando dall’esterno. Questo processo d’apprendimento tra pari che condividono il problema si identifica con il nome di cooperative learning. Questo metodo educativo modifica i ruoli prevedendo una forte responsabilizzazione di alcuni membri del gruppo formati per proporre l’attività ai coetanei con un linguaggio comune diverso da quello dell’adulto esperto.

La strategia

Per aiutare i ragazzi ad apprendere come affrontare i problemi nel modo più funzionale (capacita di problem solving), soprattutto quelli derivanti da conflitti interpersonali, diventa importante considerare le fasi di strutturazione del processo risolutivo:

  • primo, il soggetto deve essere in grado di riconoscere il problema senza evitarlo;
  • secondo, bisogna definire il problema in termini concreti e verificabili, stabilendo delle mete raggiungibili e chiare;
  • terzo, è necessario trovare molteplici alternative
  • quarto, dopo aver esaminato le alternative bisogna scegliere la più efficace senza subire influenze e secondo criteri predefiniti;
  • quinto, stabilire il modo in cui attuare la soluzione decisa;
  • sesto, verificare se ha funzionato.

In caso d’insuccesso si deve ripercorrere nuovamente il processo di problem solving. In ambito motorio i new games e i giochi cooperativi sono quelli che meglio si prestano a definire una strategia di soluzione dei problemi e applicarla collettivamente. Questa tipologia di giochi prevede che tutti i partecipanti abbiano un compito comune e che “tattica” tenda alla realizzazione di uno scopo attraverso l’impegno di ciascuno. Non esiste rivalità e, a differenza dei giochi tradizionali, non si hanno vincitori e vinti.
Le condizioni essenziali perché un gioco cooperativo possa avere successo sono le seguenti:

  • accettazione – tutti sono allo stesso livello indipendentemente dalle abilità possedute;
  • partecipazione – ciascuno si impegna attivamente e il gruppo può essere eterogeneo;
  • cooperazione – l’obiettivo comune viene raggiunto insieme e il gioco termina con una vittoria generale;
  • divertimento – ogni partecipante prova il piacere di giocare senza paura di sbagliare.
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