Le minipartite

Le minipartite

Un valido strumento per perseguire obiettivi che vanno dagli aspetti tecnici a quelli percettivi. Le variabili per modificare le finalità.

Coinvolgere tutti, ridurre i tempi “morti”, aumentare il rapporto con la palla, garantire alta intensità, differenziare le proposte, incuriosire, stimolare, emozionare… Sono alcuni esempi di obiettivi primari e dall’apparenza scontata che non sempre si riescono a raggiungere con costanza durante una stagione o all’interno della seduta.
È alquanto difficile pensare a esercitazioni che possano contenere sempre tutto ciò. Accade infatti che spesso, per ottenere questo, noi formatori ci troviamo a elaborare sessioni basate su esercizi complessi in termini di meccanismi e struttura, tali da risultare inizialmente poco fluidi, nel tempo magari eseguiti alla perfezione, ma molto lontani dall’effettiva realtà del calcio. Quindi poco utili.
Non abbiamo infatti bisogno di istruire bambini robot, che eseguano perfettamente le nostre proposte, ma dovremmo avere il desiderio di formare “piccoli” autonomi, che sappiano comprendere e risolvere il gioco reale in maniera efficace. E cosa c’è di più reale di una partita? Ma soprattutto, come si può rendere una partita il mezzo principale con il quale formare un piccolo giocatore?

Il primo aspetto su cui soffermarsi quando prepariamo un allenamento deve essere la ricerca della partecipazione da parte di tutti i bambini all’esperienza di gioco. In una partita con numeri ampi (ad esempio 7>7 o 8>8) chi ha qualche difficoltà farà più fatica a rendersi attivo durante il gioco e potrebbero venir meno anche aspetti fondamentali come la fiducia in sé e l’autostima. Per evitare ciò, potremmo diminuire il numero dei calciatori (pensate a un 3>3) e quindi strutturare sedute in cui i bambini disputano molteplici minipartite.
L’allenatore potrà quindi arrivare al campo senza caricarsi di materiali di ogni genere per allestire il suo spazio di allenamento/addestramento. Per dedicarsi esclusivamente a delimitare i diversi campetti, inserire vincoli e regole (qualora lo ritenesse opportuno), distribuire i giocatori. Per poi iniziare il suo vero lavoro: osservare.

In strada non si faceva così?

Le minipartite ritengo siano un mezzo che semplifica sia i processi di apprendimento del bambino sia il lavoro del formatore. Per il bambino infatti la minipartita può risultare efficacemente formativa. Se proposta nel pieno rispetto della natura del piccolo calciatore, genera innanzitutto divertimento e coinvolgimento emotivo (più di qualsiasi esercitazione) e questo lo aiuta a essere presente e attivo nelle sue dinamiche di apprendimento; basti pensare alla domanda che tutti i bambini pongono al loro mister da sempre: “Quando facciamo la partita?” E allora perché ostinarsi a proporre ciò che i bambini amano di più solo per gli ultimi dieci minuti?

Dovremmo “sfruttare” il loro entusiasmo e la loro voglia esaudendo sin da subito il loro desiderio: non per accontentare un capriccio, ma per rendere l’allenamento più intenso, stimolante, variabile e fortemente utile alla loro crescita. Spesso si strutturano sedute con fasi predefinite che partono dall’attivazione e finiscono con la gara; ma perché non costruire allenamenti che iniziano direttamente dall’ultimo momento? I bambini, d’altronde, quando scendevano in strada o al parco, non facevano mica esercizi prima della partita. Decidevano le squadre e giocavano sin dai primi minuti ad altissima intensità.

Perché sono efficaci

Da un punto di vista pratico, la minipartita, rappresenta in maniera ridotta le stesse dinamiche di una gara a numeri maggiori di uomini. Tre sono gli elementi principali in comune:

  • la direzionalità – data dalla presenza delle porte e quindi da un obiettivo da perseguire che aiuta il bambino a comprendere al meglio il gioco in termini di posture del corpo, smarcamenti e scelte;
  • i compagni – aiutano il bambino ad agire in relazione a loro quindi a scegliere “perché”, “come” e “quando” portare palla, passarla, smarcarsi, difendere, attaccare;
  • gli avversari – consentono al bambino di lavorare in tempi e spazi adeguati in relazione a qualcuno che si oppone in forma attiva.

Questi tre elementi assumono estrema rilevanza nello sviluppo e nell’apprendimento dei princìpi di gioco e contemporaneamente dal punto di vista puramente tecnico. Prima di parlare dell’esecuzione del gesto (tecnica), la minipartita a temi quindi è di fondamentale importanza per il pensiero tattico. In primo luogo viene stimolata la percezione reale di gioco. Per percezione intendiamo la capacità di raccogliere quelle informazioni che aiutano il bambino ad analizzare e scegliere le diverse opzioni. Per reale consideriamo il fatto che non vi sono oggetti statici e predefiniti che spingono il giovane giocatore a guardare a terra o luci che si illuminano, colori, numeri da riconoscere, bensì altri giocatori in movimento che rendono l’ambiente perennemente mutevole.

In una minipartita infatti il bimbo dovrà riconoscere, ad esempio, da dove verrà una pressione per finalizzare un primo controllo; oppure dovrà osservare e sfruttare gli spazi vuoti che si creano, ma che in un attimo svaniscono. Dovrà comprendere la corsa di un compagno per trasmettere al meglio la palla, vedere le posture di chi è in possesso per essere una soluzione di gioco e tanto altro… In generale, più informazioni utili un bambino riuscirà a captare in brevissimo tempo e più potrà essere efficace.

Una minipartita, inoltre, sollecita costantemente la reale comprensione di gioco in termini di analisi e decisione. Durante una sfida 3>3, ad esempio, le situazioni di superiorità, inferiorità, parità numerica non sono mai le stesse a differenza delle proposte situazionali (pensate a esercitazione sul 2>1) in cui già di partenza i giocatori sanno chi ha il vantaggio e chi no. I piccoli giocatori infatti dovranno riconoscere in pochi istanti il contesto in cui si trovano e risolverlo al meglio: un dribbling o un passaggio alle spalle di un avversario possono generare superiorità, ma – se non si è rapidi a identificarla e sfruttarla – si perde il vantaggio creato.

Infine, ma non per ordine di importanza, la minipartita ha intrinseco il concetto di transizione. Giocando a numeri ridotti, se si perde palla e non si aiutano i compagni, l’assenza in fase di non possesso sarà più rilevante. Allo stesso tempo, se non si accompagna l’azione quando un compagno ha palla, la squadra non potrà attaccare in superiorità o parità numerica.

E da un punto di vista tecnico? Sembra impossibile pensare a una seduta senza una parte analitica in cui i bambini ripetono in continuazione gesti tecnici predeterminati e finalizzati a superare la costante opposizione dell’aria. Eppure in una minipartita la tecnica è sempre presente. La differenza è che le gestualità vengono eseguite in situazioni difficili, sotto stress, in equilibrio precario, ad alta intensità e velocità di esecuzione, quando si è stanchi, proprio come in una vera gara, in cui non importa essere sempre puliti ma efficaci.

Le variabili

La bravura del formatore è quella di individuare gli aspetti da migliorare e proporre minipartite che aiutino i bambini a sviluppare le capacità tattico-tecniche necessarie. Il formatore non dovrà usare la voce per dare consigli, ma potrà utilizzare variabili indicate per generare apprendimento:

  • dimensione e forma degli spazi di gioco;
  • numero (nelle proposte pratiche abbiamo usato idealmente un 3>3, ma si possono svolgere con numeri superiori senza andare oltre il 5>5) e funzioni dei giocatori;
  • numero, dimensioni e posizionamento porte;
  • regole, temi o vincoli.

Inoltre il formatore dovrà essere in grado di gestire alcune criticità:

  • disomogeneità del gruppo – il tecnico potrà far diventare la disomogeneità una risorsa. Esistono infinite idee ed esempi che ognuno di noi può sperimentare; personalmente, oltre a fare squadre equilibrate coi più “bravi” che aiutano anche i meno pronti, ho provato a far giocare i più “capaci” in forte inferiorità numerica al fine di aumentare per loro le difficoltà e viceversa; ho modificato il numero e le dimensioni delle porte a una squadra per favorirla e infine ho dato temi diversi ai due gruppi; comunque, di per sé la minipartita ci aiuta in questo, poiché risulta molto dispendiosa e dopo i primi minuti di gioco, il bambino più abile inizierà a cercare la collaborazione di tutti poiché le energie vengono meno;
  • garantire intensità – sicuramente una minipartita, poiché rende tutti sempre partecipi al gioco, può diventare troppo dispendiosa e quindi potrebbe venir meno l’intensità. Inoltre, la gestione dei palloni, se non organizzata, può essere un ulteriore fattore che condiziona il ritmo. Per risolvere queste problematiche si potrebbe pensare di tenere fuori a rotazione almeno un elemento per squadra per farlo recuperare in modo anche che dia una mano nella gestione dei palloni. Un’altra idea è quella di far giocare in ogni campetto tre squadre: a turno i bambini recupereranno energie e la squadra fuori potrà gestire i palloni e l’eventuale arbitraggio.

Ogni tecnico, tuttavia, in base alle proprie necessità può pensare alle soluzioni più vantaggiose. Tenendo bene a mente che un gruppo disomogeneo non è una scusa per non provare a far esprimere al meglio tutti. In linea generale è conveniente creare uno spazio di apprendimento suddiviso in più campetti, nei quali i bambini si autogestiscono. Questa potrebbe essere una modalità che può portare importanti benefici ai bambini e secondariamente al mister. Come utilizzare le variabili e perché farlo? Nel continuo dell’articolo, alcuni esempi pratici.

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